Art Of Anarchy: Scott Weiland Uno Di Noi

Quando si parla di supergruppi, non sempre il tutto è più della somma delle parti. Riuscire a far convivere più prime donne sembra essere riuscito ai gemelli Votta, capaci di incidere un album fresco e spontaneo in compagnia del bassista dei Disturbed John Moyer, di Ron “Bumblefoot” Thal dei Guns ‘N’ Roses e di Scott Weiland. Jon Votta ci ha raccontato la genesi del l’omonimo debutto.

Iniziamo col giallo che riguarda Scott Weiland. Lui sostiene di non essere un membro ufficiale del gruppo, mentre voi continuate a sostenere il contrario…

Sì, in effetti la situazione è molto strana e ha creato qualche imbarazzo nel corso delle nostre ultime interviste. Per quanto mi riguarda, posso confermarti che il cantante degli Art Of Anarchy è Scott Weiland, anche se credo non sia questo che tecnicamente Scott contesta. Lui sostiene di essere stato una sorta di session man e che la foto che lo ritrae con noi sia solo parte del contratto firmato con noi per le registrazioni del disco. Io ti dico che invece ad oggi non esiste nessun altro cantante del gruppo e che se partissimo in tour, Scott sarebbe sui palchi insieme a noi. Anzi ti dirò anche questo non sarà l’unico album del gruppo.”

Eppure questo sembra davvero scontrarsi con le sue parole. Chi mente e per quale motivo?

Onestamente, sono convinto che nessuna delle due parti stia mentendo, anche perché poi ci sono dei fatti tangibili che confermano le mie parole. Credo solo che Scott sia stato imbeccato sul progetto durante la promozione del disco dei Wildabouts, che come tutti i main project degli altri componenti della band, hanno la precedenza sugli Art Of Anarchy. Abbiamo già registrato altre sette canzoni che faranno parte del secondo disco, quindi questo conferma il fatto che le nostre intenzioni siano quelle di suonare dal vivo e in studio per diversi anni a venire. E ti dirò di più, i brani di cui ti parlo non sono scarti del primo album, ma canzoni composte dopo aver mandato l’album in post produzione, quindi creati proprio per una seconda uscita.”

Credo non sia stato facile trovare un momento in cui tutti fossero liberi da altri impegni di lavoro. Quanto sono durati i lavori?

Tutto è nato dalla lunghissima amicizia che lega me e mio fratello a Ron “Bumblefoot” Thal, ma ti confesso che i lavori per questo disco sono iniziati in realtà nel 2011. Questo per rispondere alla tua domanda sulla difficoltà nel mettere insieme così tanti artisti ricchi di impegni e progetti contemporanei. La tecnologia in questo senso è stata una delle nostre maggiori alleate, visto che ha permesso di continuare a lavorare sulle tracce anche se fisicamente eravamo distanti migliaia di chilometri uno dall’altro. In questo è stato sicuramente d’aiuto il fatto che sia Weiland che Moyer avessero dimestichezza con questo genere di progetti, per non parlare di Bumblefoot, sempre pronto a suonare con prime donne. Personalmente, si è trattato di una specie di sogno: è da quando vidi per la prima volta il video di Don’t Cry che sogno di suonare in una band con quell’attitudine e credo di averla finalmente trovata. ”

In effetti c’è molta Los Angeles nella proposta musicale degli Art Of Anarchy…

Credo che il cuore del progetto sia quello di mettere insieme una manciata di musicisti più o meno noti, con background molto differenti l’uno dall’altro e cercare di far creare loro qualcosa di totalmente nuovo e unico nel suo genere. A livello testuale i brani vertono con ogni forma di emozione possibile: dalle relazioni personali alla morte, passando per la lotta contro i propri demoni interiori e la pericolosità della fama e del successo. Insomma cose che riguardano il novanta per cento della gente che ascolterà il nostro disco. Musicalmente parlando, invece, abbiamo provato a prendere quarant’anni di rock ‘n’ roll, metterli in un grosso calderone e farli suonare attuali. Ad ogni modo, non abbiamo fatto nulla per nascondere le nostre radici.”

E come farete a partire in tour se Weiland è impegnato con altri progetti?

Come ha detto anche Ron recentemente, se proprio Scott non fosse disponibile e noi ricevessimo una richiesta impossibile da rifiutare, potremmo pensare di partire in tour con un altro cantante, ma per ora è un ipotesi che nemmeno voglio prendere in considerazione. Preferisco pensare di riuscire a far combaciare i tempi di ogni membro del gruppo, anche a costo di aspettare ancora qualche mese prima di suonare dal vivo. Voglio che la gente possa pagare per venire a vedere chi realmente è presente sul disco e non dei sostituti, anche se di alto livello.”