Da venticinque anni, Prince’s Trust Rock Gala fa rima con due concetti: beneficenza e grande musica. Nata nel momento storico in cui l’utopia che la musica potesse cambiare in meglio la società toccava il suo apice, l’annuale kermesse voluta dal principe Carlo è considerata uno degli eventi di maggior interesse del panorama musicale inglese, tenuto conto del fatto che, dalla prima edizione ad oggi, sul palco della Royal Albert Hall sono saliti alcuni dei più grandi artisti del Regno Unito: dai tre Beatles agli Stones, dagli Who a Elton John fino a Robert Plant, passando per i Dire Straits. Una ricorrenza così prestigiosa come il quarto di secolo non poteva certo essere meno “regale”: nemmeno il tempo di prendere posto, che il pubblico si trova a ballare (sì, il tasso alcolico è già molto elevato) insieme agli Status Quo sulle note di “Whatever You Want” e “Rockin’ Around The World”, proprio come era successo al Live Aid di quello stesso anno. Da qui in poi una backin’ band di tutto rispetto, composta tra gli altri da Jamie Cullum, Jools Holland e Midge Ure, ha diretto le performance di tutti i partecipanti allo show, fossero questi delle celebrità quali Tom Jones o nomi nuovi come quello della bravissima Paloma Faith, in grado di stupire per personalità e talento. L’ingresso di Phil Collins, probabilmente alla sua ultima esibizione inglese, ha sancito l’inizio della parte più attesa della serata e ha fatto perdere la testa ad un pubblico già molto “caldo”. La classica “You Can’t Hurry Love” e due brani dal recente “Going Back” sono bastati a rendere il celebre teatro un’immensa pista da ballo, mentre il successivo arrivo di Eric Clapton, per un iniziale set acustico, ha riportato un po’ di sobrietà sugli spalti. Molto intenso Slowhand, che ha presentato per la prima volta dal vivo pezzi estratti da “Clapton”, senza però rinunciare, sul finale, alla classicissima “Crossroad” in compagnia della fidata “Blackie” e che in poco più di mezz’ora ha mostrato quanto la sua classe non sia scemata col passare degli anni. Il gran finale di serata spetta ai Queen, o meglio a chi continua a portare on the road il nome della band: Brian May e Roger Taylor. I due sembrano non puntare a stupire i fan, iniziando con “These Are The Days Of Our Lives”, sfumata automaticamente in “Last Horizon”, quasi a rimarcare una continuità con gli ultimi tour in compagnia di Paul Rodgers. Dopo di che, presentato il cantante dei Kean Tom Chaplin, il riccioluto chitarrista annuncia l’esecuzione di brani che il gruppo non propone da molti anni: parte così “It’s A Hard Life”, resa alla perfezione da Chaplin, che si dimostra singer di razza e che tiene le stesse tonalità “impossibili” di Mercury, seguita da “Seven Seas Of Rhye”, anche questa mai riproposta dopo il Magic Tour e cantata da un Midge Ure che non t’aspetteresti mai. “We Will Rock You”, cantata all’unisono dai partecipanti (nel più classico degli scenari da show di beneficenza) vede tornare Phil Collins dietro alle pelli, affiancato da Mike Rutherford per una sorta di mini reunion dei Genesis.