Per i pochi che non lo sapessero, la vita artistica di James Williamson è da sempre legata alla figura di Iggy Pop. Non solo perché ai tempi di Raw Power entrò negli Stooges sostituendo Dave Alexander, ma perché anche dopo lo scioglimento del gruppo produsse album di Iggy come Kill City e New Values, prima di ritirarsi a vita privata. Questo fino alla morte di Ron Asheton nel 2009, quando Iggy dcise di richiamarlo in modo da poter riproporre anche i pezzi dell’album di “Search And Destroy”. Da sempre personaggio schivo e di poche parole, Williamson si è dimostrato invece molto cordiale e disponibile al dialogo. Si sa, gli anni passano per tutti…
Siete in tour da un sacco di mesi, avete aperto per nomi enormi della musica mondiale, ma ogni volta la sensazione è che i festival dovrebbero finire con voi come headliner…
Ti ringrazio molto, ma per gente come noi che quando aveva vent’anni e suonava quello che oggi viene considerato patrimonio della musica rock, era abituata a vedere di fronte a se qualche centinaio di persone, suonare di fronte a quaranta mila persone a sera è qualcosa di incredibile.
Continuo a pensare però che non dev’essere facile salire su un palco dopo quello che fate con Iggy. Cioè lui sembra non risentire di nulla e voi suonate meglio di quarant’anni fa. Siete forse l’unico gruppo di allora a creare ancora un senso di angoscia, di pericolo durante uno show.
Be’ non eravamo pericolosi nemmeno allora, per lo meno in senso stretto (ride). Forse lo eravamo per la società, preoccupata dell’insegnamento che potevamo dare ai ragazzi di allora. Noi non siamo cambiati poi molto, è quella paura che non esiste più. Basta vedere padri e figli insieme sotto al palco. Iggy però rimane il frontman più sconvolgente della storia.
Perché dopo tanti anni continuate a girare col moniker di Iggy And The Stooges e non semplicemente col nome del gruppo?
A dir la verità so che Iggy dalla reunion in poi avrebbe voluto utilizzare solo The Stooges. Credeva che ormai fosse sufficiente quello per capire chi saresti andato a vedere. Ron e Scott la pensavano diversamente e si optò per la seconda scelta. Sai, gli Stooges sono sempre stati un gruppo di culto, mai da stadio, quindi anche ora in questo modo l’appeal è maggiore. Col mio ritorno, dopo la scomparsa di Ron, la cosa aveva anche più senso, visto che Raw Power uscì a nome Iggy And The Stooges.
Pensi che sia giunto il momento per un album dal vivo?
Molto probabilmente sì. Stiamo registrando molte date, avremmo voluto farlo anche in occasione della data italiana, ma come sai abbiamo dovuto ridurre notevolmente il set dello show per problemi di orario. Ora come ora siamo indirizzati verso quello registrato all’Hellfest, a Clisson in Francia.
E speranze di risentire nuovo materiale in studio? Dopo The Weirdness nessun fan ci crede molto…
E invece stiamo registrando nuovi pezzi per un album che probabilmente uscirà l’anno prossimo. Siamo già a buon punto e il lavoro sta soddisfacendo tutti i membri della band. Sappiamo che non sia il momento migliore per pubblicare un album, ma d’altra parte anche autocensurarsi solo perché non venderebbe milioni di copie mi sembra stupido. Ho sempre scritto per me, mai pensando ai guadagni, quindi non vedo perché dovrei smettere a sessant’anni.
Cosa vuol dire per te far parte degli Stooges?
Iggy e gli Stooges hanno segnato tutta la mia vita, anche quando non stavo con loro. A volte penso alla prima volta in cui Iggy mi chiese di far parte della band, mi sembrava un sogno. Quegli anni non me li porterà mai via nessuno. Poi dopo aver lavorato ancora un po’ con lui, tornai alla mia vita normale, fuori dal mondo del rock. Quando seppi che i ragazzi si erano rimessi a suonare fui felicissimo e sapevo che non avrei potuto far parte di quella formazione, perché rappresentavo un altro periodo della band. La morte di Ron mi sconvolse tantissimo e quando mi chiesero se avrei voluto sostituirlo, ci pensai un po’. Alla fine però capii che non potevo sfuggire al mio destino.