Tra le band più interessanti che ci è capitato di ascoltare in questa prima parte di vita musicale post pandemica, gli Arevortik sono giovani, ma tutt’altro che alle prime armi. Nata a Castellaneta nel 2012, la band è composta da Francesco Molinari (voce e chitarra), Gianfilippo Laterza (batteria), Gabriele D’Aprile (tastiere e sintetizzatori), Giuseppe Spinelli (chitarra) e Davide Lilli (basso). Dall’esordio del 2013 ne sono cambiate di cose, grazie a un percorso che li ha portati dall’iniziale punk rock con testi in inglese, all’intrigante svolta che li ha appena condotti a pubblicare il nuovo singolo “Stanze”. Li abbiamo intervistati.
Si è parlato molto delle difficoltà dei musicisti e del settore in generale durante gli ultimi due anni, ma forse senza sottolineare quanto la pandemia abbia inciso soprattutto sulle giovani band come voi. Avete vissuto questo lasso di tempo con un senso di abbandono?
Si, sicuramente le difficoltà ci sono state e non sono state da poco. Tuttavia, essere costretti a stare lontani dal calore del pubblico ha fatto sì che ci attrezzassimo per lavorare a distanza sui nuovi progetti che stanno vedendo adesso la luce. Ad esempio, il nostro primo singolo in italiano “Ora”, pubblicato a gennaio 2021, è stato registrato e prodotto quasi interamente in “smart working”.
Stanze è stato concepito durante quella pausa forzata o è nato di recente? Quanti altri pezzi avete pronti?
In realtà, “Stanze” affonda le sue radici in un passato ancor più remoto. Il brano è nato nel 2018 a Londra, nella stanza in cui alloggiava il nostro cantante Francesco. Nella sua prima versione, ispirata da un’insegna sfarfallante che illuminava la sua stanza, il brano si chiamava “Neon blue” ed era in lingua inglese. Gli anni a seguire, compreso il periodo della pandemia, hanno portato alla stesura del testo in italiano e al riarrangiamento del brano, pur mantenendo l’intenzione originale, e arrivando alla “Stanze” che siamo ora entusiasti di poter condividere con voi.
“Stanze” è effettivamente un singolo, ma è parte di un disegno più grande che vedrà l’uscita di altri nove pezzi.
In un momento storico come questo, in cui il concetto di album sta tornando in primo piano, ma è ancora subordinato all’uscita di singoli usa e getta, qual è la vostra posizione? Siete una band vecchia maniera?
Noi crediamo che la scelta dei singoli debba valorizzare i brani, non mandarli allo sbaraglio. Il problema principale è che i singoli hanno l’arduo compito di catturare l’attenzione in un mare di contenuti sempre più vasto e variegato, e talvolta è complesso restare a galla.
Riteniamo che ancora oggi l’album abbia un forte valore, riuscendo a racchiudere e veicolare un’idea più articolata, espressa nel suo complesso dai vari brani che lo compongono.
Credo sia giusto e non ridondante parlare di guerra come fate nel vostro video. Soprattutto ora che la sensazione è che la maggior parte delle persone abbia già dimenticato cosa sta succedendo a due passi da noi.
Lo crediamo anche noi ed è il motivo per cui il video di “Stanze” rincara la dose su un concetto che dovrebbe essere scontato, ma che specialmente ultimamente non lo sembra affatto. Anzi, assistere a scene di violenza ingiustificata sembra ormai appartenere alla routine. Abbiamo ritenuto quindi opportuno sottolineare la futilità della guerra e della violenza, rappresentata metaforicamente nel finale del videoclip.
Se doveste descrivere la band con una sola parola, quale sarebbe?
Energia.