Io sono Mister Born to Run, nato per correre, volevo fuggire da tutto, prendere l’autostrada e non tornare più, ma oggi abito in New Jersey, a dieci minuti dalla casa in cui sono nato (Springsteen On Braodway, 2019).
Che fosse destinato a correre, Bruce Frederick Joseph Springsteen lo scoprì molto presto: nato il 23 settembre del 1949 al Monmouth Memorial Hospital della località balneare di Long Beach, nel New Jersey, Bruce trascorse infanzia e adolescenza nella limitrofa Freehold, ma fino al compimento della maggiore età fu costretto a cambiare continuamente abitazione. Il padre Douglas Frederick (di ascendenze irlandesi e olandesi) era un veterano della seconda guerra mondiale e cambiava spesso lavoro, alternando le più disparate occupazioni con lunghi periodi di disoccupazione. La mamma Adele, originaria di Vico Equense, invece aveva un lavoro stabile come segretaria in uno studio legale che rappresentava l’unica entrata fissa della casa. La famiglia di Douglas nascondeva un passato burrascoso fatto di malattia mentale, depressione e problemi con l’alcol; la morte della sorellina aveva costretto il padre di Bruce a vivere a lungo lontano da casa, perché la madre era sprofondata in una depressione tale da non potersi prendere cura di lui. Quel vissuto segnò per sempre la vita di Douglas, condizionandone indelebilmente il rapporto col figlio, che nel tempo, parlando del genitore, non farà fatica a definirlo il suo migliore amico e il suo incubo peggiore. Gli aspri litigi che vedevano protagonisti padre e figlio condizionarono completamente il clima della famiglia Springsteen. L’aspetto più doloroso riguardava la passione per l’alcol di Douglas, cosa che lo rendeva irascibile ed aggressivo nei confronti tanto della madre che dei figli. Quando Douglas, nel 1969, decise di emigrare definitivamente in California con Adele e i due fratelli minori di Bruce, questi decise che non l’avrebbe seguito più. Il suo obiettivo era quello di emergere nella ricca scena musicale della zona. Come per molti ragazzi della sua generazione, la passione per il rock gli era giunta da Elvis: all’età di sette anni, il 6 settembre 1956, Bruce assistette alla prima esibizione di Presley all’Ed Sullivan Show e da quel momento ogni altra cosa finì per perdere di significato. Diventerò come lui, disse a mamma Adele, che il natale successivo si presentò a lui con la prima chitarra giocattolo. Due anni più tardi, sempre Adele prese in affitto uno strumento vero per l’amato figlio, chiedendogli di prendere lezioni. Le sue dita, tuttavia, erano ancora troppo piccole e la frustrazione scomparve solo due anni più tardi, quando lui stesso, grazie ai soldi guadagnati con piccoli lavoretti, poté acquistare la prima chitarra acustica usata della propria vita. Dopo i primi insegnamenti di un cugino, Bruce comprese che quello sarebbe stato l’unico svago della sua adolescenza. Il ragazzo smise di uscire, passando interi pomeriggi chiuso in camera a suonare. Adele, colpita dal suo comportamento, decise di comprargli una chitarra elettrica ed un amplificatore, così da assecondare quella che sembrava essere diventata la sua unica ragione di vita. Il primo pezzo su cui Bruce si impegnò in modo spasmodico fu Twist And Shout, ma la voglia di raccontare ciò che vedeva intorno a sé lo portò presto a scrivere brani di proprio pugno. Dopo aver militato per tutto il 1967 nei Castiles e aver provato l’ebrezza di suonare per la prima volta a New York nell’allora celebre Cafè Wha?, insieme a due amici del campus Bruce formò il power trio Earth, che però ebbe vita breve. Intanto in famiglia le cose stavano degenerando. La depressione di Douglas rendeva tutto difficilissimo e lo stile di vita di Bruce, che si era anche fatto crescere molto i capelli, era qualcosa che il padre viveva come una vergogna. Quando, una sera dell’inverno del ’68, Bruce ebbe un incidente in moto, il medico che lo soccorse si lasciò scappare che, con quei capelli, se lo fosse meritato. Douglas si presentò in ospedale con un barbiere, umiliandolo pubblicamente. Sua sorella, inoltre, era rimasta incinta e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Douglas non voleva più vivere in una località che li considerava dei reietti, meglio rifarsi una vita in California. Bruce decise di rimanere nella casa di famiglia fino a che qualcuno non l’avrebbe sfrattato. Agli inizi del 1969 Springsteen iniziò a frequentare Asbury Park, località di villeggiatura del Jersey Shore nota per la sua vita notturna. Il luogo principale di ritrovo per i musicisti della zona era l’Upstage Club che, dopo l’orario di chiusura, rimaneva a disposizione dei musicisti per improvvisazioni e interminabili jam session. È qui che Bruce stringe amicizia col batterista Vini Lopez e l’organista Danny Federici, fondando insieme a loro un gruppo che inizialmente prese il nome di Child. La band coinvolse Carl “Tinker” West, un costruttore di tavole da surf, come loro manager e grazie alla sua abilità i Child ebbero parecchi ingaggi nel 1969 e si fecero un nome nel New Jersey. Quando la famiglia Springsteen si trasferì in California, il gruppo andò ad abitare nella loro casa, che presto si trasformò in una sorta di comune per i giovani artisti di Astbury Park. Una volta sfrattati, i musicisti furono costretti a stabilirsi in un capannone della fabbrica di West. Passavano così la gran parte del loro tempo a provare, anche se ogni tanto le loro braccia erano richieste per dare un aiuto nella fabbricazione delle tavole da surf. Poiché il nome Child era stato adottato da un gruppo di New York che aveva appena pubblicato un album, il gruppo decise di cambiare nome in Steel Mill. La fama iniziò a crescere a tal punto che nell’inverno del 1970 la band tentò la fortuna sulla West Coast. Le sonorità del gruppo sembravano sposarsi con quelle di San Francisco e fu proprio al Matrix di Berkeley (di proprietà di Marty Balin dei Jefferson Airplane) che arrivò la prima vera occasione discografica per Springsteen e soci: il celebre impresario Bill Graham, colpito dalla personalità di Bruce, invitò la band a registrare alcuni demo, proponendole infine un contratto. Sicuri delle proprie potenzialità e delusi dall’aspetto economico, i musicisti rifiutarono un’offerta che avrebbe potuto lanciarli nell’olimpo della musica dal vivo della fine del decennio. Quando Vinnie Roslin lasciò vacante il ruolo di bassista, si fece avanti il giovane Steven Van Zandt, che Bruce aveva conosciuto ai tempi dei Castiles e che, da lì a breve, sarebbe diventato non solo il suo migliore amico, ma anche il partner musicale definitivo. I grossi tumulti sociali che coinvolsero l’area di Astbury Park finirono per coinvolgere anche gli Still Mill. Con Lopez incarcerato per possesso di stupefacenti e la band impegnata in concerti per raccogliere fondi per la sua scarcerazione, il clima con la polizia si fece sempre più aspro: l’11 settembre del 1970, la polizia locale in tenuta antisommossa intervenne sul pubblico alla ricerca di stupefacenti e sul palco per fermare l’esibizione che era andata oltre l’orario stabilito. Nel parapiglia rimase coinvolto Dan Federici che fuggì per evitare l’arresto. L’entusiasmo di Springsteen per il gruppo iniziò così a diminuire, anche perché insoddisfatto del sound sviluppato: la sua idea era quella di una band allargata capace di fondere alcuni degli elementi degli Still Mill ma con un piglio cantautorale più vicino a quello di Bob Dylan e Van Morrison. Sull’onda di questa visione, all’inizio del 1971, dalle ceneri degli Still Mill, nacque la Bruce Springsteen Band, di fatto il primo abbozzo della futura E Street Band. Militando contemporaneamente in altre realtà della zona, Bruce conosce Gary Tallent e David Sancious, decidendo di reclutarli nel proprio ensemble. È sempre in questo periodo che nasce la leggenda del Boss. L’appartamento senza riscaldamento di Van Zandt era diventato il centro nevralgico della scena rock di Astbury Park e, una volta alla settimana, anche della partita di Monopoli di quartiere. Bruce, anche grazie all’utilizzo di mezzi leciti ed illeciti, è il re incontrastato delle serate. Nessuno riesce a tenergli testa, tanto che una sera, dopo l’ennesima vittoria schiacciante, lo stesso Bruce coniò il soprannome che lo avrebbe accompagnato per sempre. Per lungo tempo la cosa rimane relegata all’interno della ristrettissima cerchia della band, fino a quando, anni dopo, uno sprovveduto roadie non si riferirà a lui pubblicamente con quel soprannome. Bruce non accetterà mai pienamente la deriva ricca di mitologia ed esaltazione della persona di cui si ammanterà il termine, ma finirà per conviverci più o meno serenamente per sempre. Allo stesso tempo, Springteen stava migliorando tantissimo come autore di brani, esibendosi spesso in solitaria accompagnato dalla sola chitarra acustica. L’attenzione per i testi crebbe così in maniera significativa. Nel novembre del 1971 “Tinker” West organizzò un incontro con Mike Appel e Jim Cretecos, due parolieri che volevano espandere i loro affari nel settore discografico. Dopo una prima audizione deludente, qualche mese dopo Appel concesse a Bruce una seconda possibilità: l’impressionante numero e la qualità dei brani composti dall’artista in quel lasso di tempo, convinse i due, che decisero quindi di fondare la Laurel Canyon, una società interamente dedicata alla promozione della sua carriera. Fu proprio Appel a contattare prima Clive Davis, presidente della Columbia Records, e in seguito John Hammond, colui che aveva scoperto Bob Dylan. Nel maggio del 1972 Hammond si trovò così di fronte a Bruce e alla sua chitarra. Il provino andò così bene da convincere tanto Hammond che Davis a scritturare il giovane, iniziando a parlarne proprio come dell’erede del menestrello di Duluth. Con una scelta che colse completamente alla sprovvista Hammond, Bruce pretese di incidere il suo primo album con la propria band, contro il parere del talent scout che avrebbe voluto fargli incidere un album folk minimale, accompagnato da pochi turnisti scelti dalla Columbia. Davis, che era stato fondamentale nella decisione di farlo registrare con la propria band, rimase deluso dal risultato delle sessioni di registrazione, convinto che nessuno dei brani incisi potesse diventare un singolo. Springsteen compose allora nel giro di poche ore due nuovi pezzi, Blinded By The Light e Spirit In The Night, che si trovò ad incidere da solo con l’apporto del solo Lopez. Per il secondo brano, però, Bruce pretese di poter usufruire del sax di Clarence Clemons, musicista di colore conosciuto nel settembre precedente durante un concerto in cui suonarono per la prima volta proprio un abbozzo di Spirit In The Night. Pubblicato nel gennaio 1973 a nome Bruce Springsteen, Greetings from Asbury Park, N.J., era di fatto il primo atto di quella che il mondo avrebbe imparato a conoscere col nome di E Street Band.