Di Fabiana Reho
È davvero difficile capire perché un artista del calibro di Billy Corgan non goda della stima e del favore spassionato che pubblico e critica sono soliti tributare a personaggi come Eddie Vedder e Chris Cornell. Certo, dal primo scioglimento degli Smashing Pumpkins in avanti non è che al buon William Patrick sia proprio riuscito tutto ciò in cui si è cimentato, così come è evidente che alcune sue scelte e dichiarazioni non l’abbiano messo nella condizione di poter piacere a tutti, ma è chiaro che dietro ci debba essere altro. Ok, i suoi dischi post 2000 non sono più stati capaci di confermarne appieno il talento, ma la stessa cosa potremmo dirla dei Pearl Jam (chi si ricorda l’ultimo grande album della band di Seattle?), con la differenza che tutti gli album di Corgan del nuovo millennio, con o senza il celebre moniker, presentano il doppio del fascino di quelli di Vedder e soci. Va da sé che anche il suo primo tour italiano in veste acustica non potesse infiammare gli animi e i media nostrani come quelli di altri beniamini di un’epoca in cui tutti noi ci eravamo convinti che la musica fosse tornata a ricoprire il ruolo che le era appartenuto dalla rivoluzione di Elvis fino alla fine degli anni settanta. Peccato, perché chi ha assistito anche a solo una delle date europee di questo tour ha avuto il privilegio di godere di uno dei Corgan più sinceri che si potessero immaginare. Un artista finalmente libero da tutti quei fantasmi che ne avevano condizionato la vita fino a una manciata di anni fa e che, complice la recente paternità e la reunion con gli amici Iha e Chamberlain, è stato capace di offrirsi al suo pubblico senza filtri né schemi prestabiliti. Senza paura. La data di Ancona, poi, a detta di coloro che lo avevano visto in azione anche in altre venue, è apparsa fin da principio come qualcosa di magico. Merito del coraggio degli organizzatori del festival Spilla, capaci di immaginare la suggestione di una serata come questa in un luogo evocativo come quello della Mole Valvitelliana, un ex lazzaretto che oggi si presenta come una delle location più affascinanti del nostro Paese per ospitare spettacoli di questo tipo. Il resto, ovviamente, l’ha fatto un Corgan in stato di grazia, ormai totalmente a suo agio tanto nel ruolo messianico di leader dei Pumpkins, che in quello di fine intrattenitore di serate in compagnia di chitarra acustica e pianoforte. Vederlo esibirsi in solitudine per due ore e mezza ha sottolineato nuovamente un altro aspetto spesso sottovalutato del suo genio: se, da una parte, l’intimità creata in un contesto del genere è stata capace di far emergere ancora di più il messaggio, dall’altra ha messo in evidenza in modo disarmante la grandezza del musicista. Era davvero difficile immaginare di trovarsi a ridere per battute pronunciate dall’autore di Bullet with Butterfly Wings, un uomo che, come ha ribadito più volte nel corso della serata, a venticinque anni era convinto di voler morire prima di diventare vecchio e che oggi, invece, ha imparato a godersi la vita di cinquantenne. Non si pensi tuttavia ad un concerto autocelebrativo o fatto apposta per accontentare i fan: se date un occhio alla scaletta, vi renderete subito conto del fatto che Corgan non abbia più voglia di vivere di soli ricordi. Anche la parte di concerto dedicata al passato, infatti, è stata creata in modo da riportare alla luce piccole gemme che troppi pregiudizi hanno fatto sì che non potessero emergere da album come Oceania, TheFutureEmbrace o dalla dimenticata esperienza degli Swan. Insomma, Billy è vivo e lotta insieme a noi e, avendolo amato così tanto, la cosa non può che farci immensamente felici.