Cosa succede quando tre solidissimi musicisti uniscono le loro forze dopo quarant’anni passati a suonare in giro per il mondo? Nel caso dei Rock Wolves, è successo che Herman Rarebell, Michael Voss e Stephan ‘Gudze’ Hinz sono riusciti a creare uno degli album di melodic rock migliori dell’anno. Ne abbiamo parlato con l’ex batterista degli Scorpions.
Herman, quando hai capito che questo progetto avrebbe potuto prendere davvero il volo?
“Non ci ho messo molto, a dire il vero, visto che io e Michael parliamo da molto tempo di un progetto che fosse solo nostro. Ci siamo conosciuti grazie a Michael Shenker, che ci ha chiamato per formare i suoi Shenker’s Temple Of Rock, e da quel momento è nata un’amicizia incredibile, che è poi alla base di tutto il progetto Rock Wolves: il lato artistico è fondamentale, ma nulla batte quello umano. Logicamente, non ho idea di quanto potremo durare, vista anche la serie di impegni che ci vede coinvolti, ma di certo non puoi andare avanti senza che ci sia un rapporto di questo tipo tra i membri della band. Quando mi è stato presentato Stephan, ho capito subito che non avremmo potuto fare scelta migliore.”
Avete registrato il vostro album di debutto in pochissime settimane. Frutto dei tanti impegni che avete o cosa?
“In realtà abbiamo approfittato della pausa che sapevamo di avere da tutti gli altri nostri impegni, quindi avremmo potuto anche prendercela molto più comoda. È stata proprio una questione di urgenza creativa, uno di quei momenti in cui non puoi fare a meno di scrivere. È stato fondamentale conoscersi, questo è innegabile, perché ognuno di noi sapeva esattamente come muoversi senza creare nessun tipo di rallentamento o di problema ai propri compagni. Inoltre, va detto che tutto quello che ascolti sul disco è stato registrato in presa diretta, quindi è un vero e proprio live in studio, come qualcuno capirà ad un ascolto più attento. Non potevamo anche stare a provare i pezzi, molto meglio registrarli dal vivo, in modo di lasciare più emozioni all’ascolto.”
Tu hai scritto alcune delle canzoni più celebri degli Scorpions, tra cui il super classico Rock You Like A Hurricane. Come è cambiato nel tempo il tuo approccio alla composizione?
“Oggi sono sicuramente un autore diverso da quello dei tempi degli Scorpions. Credo che con l’età sia inevitabile cambiare, considerato che il cambiamento avviene a livello generale. Probabilmente, se scrivessi le stesse cose che scrivevo a venti o a trent’anni ci sarebbe qualcosa di profondamente sbagliato in me o, quantomeno, di completamente anacronistico. Ad ogni modo, non ho perso la voglia di scrivere inni rock, se così vogliamo chiamarli: la sensibilità in fin dei conti è sempre quella e il genere di musica che amo fare rimane il medesimo. Quello che è cambiato è il contesto, oltre che la consapevolezza di poter scrivere brani che possano piacere a chi ha sempre amato le mie canzoni. Si evolve, come è giusto che sia.”
Rock Wolves è, forse a sorpresa, anche un album dal sapore fortemente politico. Come credi che reagiranno i fan a certe prese di posizione?
“Come scrittore e come personaggio pubblico, credo di avere precise responsabilità nei confronti di chi mi ascolta. Nessuno è costretto ad ascoltare la nostra musica, ma vogliamo che chi lo fa possa in qualche modo riflettere su ciò che lo circonda. Non vogliamo istruire il nostro pubblico, né tanto meno dirgli cosa fare o come pensare: semplicemente siamo consapevoli del fatto che, molto spesso, i ragazzi non posseggano una coscienza civile o politica solo perché i media con cui vengono a contato non gliene parlano. Con alcuni dei miei testi cerco di rimanere collegato alla realtà, in modo da unire a melodie accattivanti un messaggio che non sia sempre scopiamo o sbronziamoci. Che per l’amor di dio, sono cose da fare (ride, ndr). Lo stesso primo singolo, Rock For The Nations, rappresenta un messaggio molto chiaro.”
Vi scagliate pesantemente anche contro Donald Trump…
“Puoi starne certo, amico, anche se devo ammettere che in questi giorni è un po’ come sparare sulla croce rossa. E ne sono davvero felice. È difficile che nelle presidenziali U.S.A ci sia un candidato con il quale ci si possa identificare al cento per cento, ma credo che questa volta ci fosse una sola cosa certa: chi non bisognava votare. Ad un certo punto, ho persino temuto che potesse riuscire a farcela, poi le sue dichiarazioni idiote hanno fatto il resto. Surrounded By Fools è la nostra personale opinione su Mr. Trump. Non votatelo.”