Zucchero Conquista L’Arena Di Verona

Era da un po’ di tempo che Zucchero stava lontano dai palchi italiani e stranieri, un periodo di tempo necessario a ricaricare le pile dopo anni passati a correre senza sosta e, soprattutto, a dare finalmente vita al nuovo, attesissimo, album di inediti.

Le undici (anzi, dieci+una) date all’Arena di Verona avrebbero dovuto far capire al mondo quanta voglia di osare avesse Zucchero in questa ultima parte di 2016, ma nessuno si sarebbe forse aspettato uno spettacolo di tale grandezza alla prima serata di una scommessa che nessuno aveva mai osato fare in precedenza nel nostro paese. Il buon Adelmo Fornaciari non è solo in forma splendida, ma è accompagnato da una band spaventosa, cosa che a onor del vero è sempre stata una costante della sua carriera live, ma che forse questa volta ha toccato uno dei suoi apici assoluti. Chi credeva che l’uscita di Black cat, per altro uno dei suoi lavori più ispirati da anni, fosse un mero pretesto per andare in giro a riproporre l’immensa sfilza di hit che Zucchero ha collezionato negli anni, si sbagliava di grosso: la prima parte dello show, infatti, è completamente dedicata all’esecuzione integrale dell’ultima fatica, che per altro in sede live appare ancora più convincente. A beneficiare maggiormente della veste dal vivo, oltre ai tre singoli, sono brani come Hey lord, già sontuosa in studio ma qui ancora più toccante, L’anno dell’amore e Ti voglio sposare, che beneficia enormemente della bravura del gruppo che accompagna il bluesman italiano per eccellenza. Finito il primo capitolo della serata e con il pubblico ormai caldo, ha inizio la carrellata di successi che hanno portato il nome di Zucchero a vendere dischi persino in quei luoghi dove la musica di cui è innamorato ha visto la luce. La sua grandezza, infatti, è sempre stata quella di riuscire ad esportare la propria arte là dove quelle sonorità erano nate, dimostrando che la musica italiana poteva essere apprezzata anche al di fuori dei paesi di origine latina. Senza offendere nessuno, un conto è vendere milioni di dischi in Spagna e in Argentina, un altro è farlo negli Stati Uniti. Con un crescendo da musicista navigato, che conosce alla perfezione i meccanismi mentali ed emotivi del pubblico che ha di fronte, nella parte centrale della serata Zucchero mescola sapientemente brani del suo passato recente a super hit in grado di far perdere il controllo a chiunque: ecco che in successione vengono eseguite Baila (quasi un pezzo minore per i fan della prima ora), la pruriginosa Vedo nero, ma anche il nonsense di Sono una sana e consapevole libidine e la poesia pura e cristallina di Diamante e Così celeste. Uno dei punti di forza di Zucchero è sempre stato proprio quello di mischiare sacro e profano, brani dalle liriche elevatissime ed altre assolutamente grottesche, tanto che molti non comprendono come lo stesso autore di versi come “Gino sei un cane, balli bene balli bu” possa poi aver scritto Madre dolcissima (purtroppo assente stasera) o Il volo. La verità è che Zucchero da sempre mette in gioco se stesso, senza prendersi troppo sul serio e mostrandosi per quello che è: non una sola cosa, ma mille sfaccettature che lo rendono un personaggio così unico nel nostro panorama nazionale. Il finale, con la caciara infinita di Per colpa di chi, Diavolo in me e la splendida Hai scelto me dimostrano ancora una volta quanto sia impossibile inventarsi su due piedi navigati bluesman senza esserlo fin dalla nascita. Insomma, nonostante l’avanzare dell’età, è bello costatare che la sudatissima festa pagana inscenata da Zucchero non sia mutata di una virgola nel corso degli ultimi vent’anni. Tanto di cappello. Con piuma, naturalmente.