Discharge: Punk’s Not Dead

Nell’anno che celebra i quarant’anni dalla nascita del punk, i Discharge, una delle leggende del genere, pubblica il primo album di inediti da otto anni a questa parte. End Of Days è un disco brutale, senza compromessi e che apre un nuovo capitolo per la band britannica, quella con Jeff “JJ” Janiak alla voce. Ecco cosa ci ha raccontato a riguardo.

Partiamo con la vostra nuova etichetta. Molti dei più grandi protagonisti della musica estrema mondiale vi citano come fonte d’ispirazione. Inevitabile finire ad un’etichetta di settore?

Non credo ci fosse un discorso di questo tipo dietro la scelta dell’etichetta, anche perché l’unica cosa che può averci spinto è stata decidere per il bene del nuovo album. I miei compagni non volevano che andasse a finire come per il disco della reunion della formazione originale, di cui molti fan nemmeno vennero a conoscenza. È davvero un insulto alla storia di questo gruppo, perché quel disco è qualcosa di eccezionale ed è un crimine che sia stato distribuito in quel modo scellerato. Questa volta non volevamo che succedesse la stessa cosa e abbiamo pensato che Nuclear Blast fosse il nome giusto per questo album. Crediamo di avere tra le mani una disco pazzesco, che farà tornare il nome della band sulla bocca di tutti, ma logicamente non sono la persona migliore per dirlo!”

A quanto ho capito, poi, è stata la Nuclear Blast stessa a contattarvi…

Esattamente e la storia è molto singolare. Sono entrato nella band nel 2014 e poco dopo abbiamo iniziato a vedere come avremmo potuto funzionare insieme dal punto di vista della scrittura di nuovi brani. Ci siamo messi quindi a registrare qualche demo per vedere quali sarebbero stati i risultati della nuova formazione e, con grande sorpresa soprattutto dei membri storici, siamo rimasti tutti sconvolti dalle prime tre canzoni nate in studio. Una di queste era New World Order, che poi ha dato il titolo all’Ep che ha anticipato l’uscita di End Of Days. Non avendo un’etichetta e piacendoci davvero molto nonostante fosse un semplice demo, abbiamo deciso di farne un video e di metterlo online. Poco dopo hanno iniziato a contattarci delle etichette, tra cui la più interessata è stata fin da subito la Nuclear Blast, che poi ci ha convinto di essere fatta per noi.”

Non credo sia facile entrare a far parte di un gruppo con una storia così importante senza nessun tipo di timore reverenziale. Come sei stato accolto da band e fan?

Avendomi scelto in prima persona, non posso che essere stato accolto in modo incredibile dal gruppo. I Discharge sono sempre stati un punto di riferimento nella mia vita e chi mi conosce e segue da sempre sa perfettamente che non siano frasi dettate dal mio presente. Quando i ragazzi mi chiamarono per concludere un tour già avviato, onestamente, mi sono chiesto a lungo se fosse il caso di accettare: da una parte c’era il coronamento di un sogno, ma dall’altra il timore di finire in qualcosa più grande delle mie possibilità. Sapevo perfettamente tutta la merda che era stato costretto ad ingoiare Rat (Anthony Martin, cantante prima di JJ, ndr) e tutto volevo tranne che essere insultato da migliaia di fan del gruppo per il solo fatto di non essere Kelvin “Cal” Morris (cantante originale della band, ndr). Ho deciso di provare a fare una data e di vedere le reazioni. Ho imparato in due settimane tutti i brani e mi sono buttato davanti a ventimila persone! Poi, dopo la pubblicazione del video che ti dicevo, siamo stati subissati di messaggi che mi chiedevano di restare nella band, quindi ho capito che il clima fosse quello giusto.”

Entrare in studio con una storia così ingombrante alle spalle non deve essere semplice. Avete avuto più paura di ripetere un cliché o di deludere i die hard fan?

In realtà, al di là delle diverse formazioni con le quali il nome della band è giunto fino ad oggi, la caratteristica principale dei Discharge è stata proprio quella dell’infinita coerenza, tanto musicale che di tematiche. Quindi l’unico punto fermo all’ingresso in studio non poteva che essere quello. Poi è chiaro che un po’ di paura c’è e forse è anche giusto che ci sia, perché significa che continui a fare le cose in un certo modo e con l’attitudine di un tempo. Per quanto mi riguarda, le paure più grandi erano legate al fatto di essere all’altezza della storia di cui parli, perché non volevo deludere la fiducia di nessuno. Onestamente, credo di esserci riuscito, ma saranno solo i fan del gruppo a deciderlo. So perfettamente che qualcuno nemmeno ascolterà il disco e si limiterà a dire che fa schifo perché non è composto dalla formazione originale, ma devo essere bravo a non farmi condizionare troppo da quello che mi circonderà nei prossimi mesi o potrei perdere di vista l’unica cosa che conta davvero.”

I testi delle canzoni sono, al solito, molto incisivi e legati alle classiche problematiche sociali che hanno caratterizzato la storia del gruppo. Il messaggio viene ancora prima di tutto?

Tutti tendono a vedere i gruppi come il nostro come dei veicoli di messaggi importanti o come portatori di chissà quali verità. Nonostante sia chiaro che un certo tipo di musica sia da sempre legato a tematiche sociali o anti sistema, è anche vero che noi ci consideriamo una sorta di specchio della realtà che ci troviamo a vivere. Non crediamo di avere delle soluzioni, né tanto meno di essere migliori degli altri, ci limitiamo a far vedere il peggio che ci circonda, cercando a nostro modo di cambiarlo in qualche modo. Se, quindi, dal punto di vista musicale quello che vi trovate tra le mani è un classico album hardcore punk, dal punto di vista delle liriche posso dire che abbiamo fatto del nostro meglio per descrivere lo schifo che proviamo per quello cui siamo costretti ad assistere durante le nostre giornate. Nessuna morale, nessun messaggio: solo una fotografia del putridume che ci circonda.”

Per molti, questo genere musicale ha senso solo se fatto da band inglesi o dell’East Coast americana, perché in grado di possedere la materia meglio di chiunque altro. Cosa ne pensi?

In linea di principio potrebbe anche essere vero, nel senso che anche per quanto mi riguarda, sentir parlare di alcune cose da persone che sono completamente immerse in culture totalmente differenti mi mette in difficoltà. Allo stesso tempo, però, mi rendo conto che il mio è anche un po’ un pregiudizio, perché se per parlare di qualcosa fosse necesario essere nati in un determinato luogo, allora io non potrei parlare della maggior parte degli eventi storici accaduti nel mondo. Credo che l’unica variabile sia quella della passione e del voler davvero capire cosa sta dietro a storie e ideologie così importanti. Se ti avvicini all’argomento con sarcasmo o senza la giusta attenzione o, ancora peggio, col solo intento di cavalcare una moda, allora conviene che te ne vada prima di cominciare. In ambito hardcore punk, spesso l’oltranzismo è la prima regola, ma alcuni potrebbero anche pensare che un cantante più giovane non dovrebbe far parte di gruppi che hanno segnato la storia di un genere…”

Tra quest’anno e il prossimo si festeggeranno i quarant’anni degli album seminali del genere in cui venite inseriti, seppur con le differenze del caso. Possiamo dunque dire che il punk non è morto?

Diciamo che se fosse morto davvero come qualcuno sostiene, pochi giorni dopo deve anche essere resuscitato. Al di là delle band che diedero vita al movimento, di quelle che ne hanno seguito le orme, estremizzato la proposta e mischiato ad altri generi, il punk è riuscito ad insinuarsi sotto la pelle di intere generazioni e di continuare ad incendiare gli animi di migliaia di persone in giro per il mondo. Questo è visibile ogni volta in cui qualcuno si ribella, va contro corrente e fa le cose secondo le proprie idee e non per seguire un gregge. In questo senso, credo che il punk sia sempre esistito.”