Wolfmother – Victorious

A fronte di una delle copertine più brutte della storia della musica popolare, Victoriuos rappresenta una boccata d’aria fresca per tutti quelli che avevano creduto che i Wolfmother potessero essere qualcosa di simile al futuro del rock ‘n’ roll. Se il timore che Andrew Stockdale abbia perso un pochino la bussola resta, è indubbio che il quarto album della band australiana faccia tirare un sospiro di sollievo agli amanti del genere. Le manie di grandezza e la sete di comando che negli ultimi anni hanno fatto perdere a Stockdale il filo di un discorso che sembrava avviatissimo sembrano ancora presenti, ma non hanno impedito la pubblicazione di un disco che ha tutto quello che si può desiderare dai Wolfmother: durata breve che non appesantisce l’ascolto, ritornelli catchy quanto basta per diventare inni da concerto e i classici rimandi a sonorità che riportano dritti dritti ai fasti dell’hard rock d’annata. L’opener The Love That You Give, in questo senso, parla molto chiaro e si dimostra la migliore delle dichiarazioni d’intenti possibile, ma è nel complesso che Victoriuos convince anche chi aveva abbandonato il progetto dopo il fallimentare New Crown, del quale qualcuno ignora persino l’esistenza. Brani come Gypsy Caravan, Eye Of The Beholder e la title track avrebbero potuto benissimo potuto stare sui primi due album del gruppo e non è escluso che il lavoro fatto sulla ristampa per i dieci anni dall’uscita del disco di debutto abbia aiutato Stockdale a riconnettersi con il proprio passato, ma soprattutto con quello dei Wolfmother.