Lenny Kravitz: Sindrome Di Peter Pan

Il Lenny Kravitz che anche nel corso dell’ultimo anno ha inanellato una serie senza fine di date sold out in giro per il mondo, dimostrando ancora una volta di essere un big assoluto della musica mondiale, ha dismesso da tempo i panni della rockstar, ricoperti con successi alterni negli ultimi venticinque anni, per assumere definitivamente i connotati della figura mitologica pura. Fresco cinquantenne in grado di umiliare il novanta per cento della popolazione maschile compresa tra i venti e i trentacinque anni, Kravitz non solo è riuscito a rinascere decine di volte dalle proprie ceneri proprio come la Fenice, forse l’animale mitologico per eccellenza, ma lo ha fatto senza mai doversi vendere a delle logiche che non fossero quelle dell’istinto puro. Dato per finito innumerevoli volte, il buon Lenny ha saputo costantemente contraddire chi ne celebrava frettolosamente i funerali, dimostrando che vincere consecutivamente il Grammy dal ’98 al 2001 come miglior artista maschile non poteva essere un semplice caso. Alzi la mano chi non lo aveva dato per bollito ai tempi di Baptism, pretenzioso, incoerente e senz’anima o chi conosce il titolo di un solo brano del più recente Black And White America: eppure, il successo di un brano trascinante come The Chamber e poi di Strut, ultimo album di una carriera infinita, ha come per magia spazzato via tutto quello che potevamo pensare sulla sua vena artistica ormai esaurita. Se la figura di Peter Pan e la patologia che ne ha preso il nome sono forse le prime cose a venire in mente quando guardiamo una sua foto, probabilmente la metafora migliore per descriverne l’animo ed il percorso artistico è quella del Puer Aeternus, che Ovidio descrisse per primo nel celebre Le Metamorfosi e che in seguito Carl Gustav Jung utilizzò come uno dei primi esempi di archetipo, a rappresentare l’istinto incontrollabile, l’esser dominati da passione, eccentricità e stravaganza in contrapposizione allo scorrere immutato del tempo. Se consideriamo poi che, per lungo tempo, l’abuso di sostanze è stata una delle sue pratiche più riuscite, viene da pensare che tutte quelle visite a Neverland nel corso degli ultimi anni di vita di Michael Jackson non fossero legate a semplici motivi di lavoro…