Pur essendo triste da ricordare, CJ Ramone è ormai uno dei pochissimi componenti di una delle formazioni dei Ramones ad essere ancora in vita. Basterebbe questo a farne una sorta di eroe, ma il vero merito del bassista americano fu invece quello di ridare energia (e credito) ad una band che, sul finire degli anni ottanta, sembrava destinata ad un inevitabile declino. L’arrivo di CJ rappresentò una ventata di entusiasmo che pervase l’intero gruppo, tanto da contribuire a sfornare album seminali quali “Mondo Bizarro” e “Adios Amigos”, prima del triste annuncio del ritiro dalle scene nel 1996. Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti, ma i suoi occhi non hanno perso quella luce di ragazzo cresciuto in fretta al fianco degli idoli musicali della sua adolescenza.
Chi è oggi CJ Ramone?
E’ un uomo che si è lasciato alle spalle tanti problemi, ma che non ha perso l’entusiasmo di quando prese in mano per la prima volta un basso. Feci molta fatica a capire la fine dell’attività della band, avevo realizzato ciò che volevo e vedere finire tutto così fu terribile. Inizialmente ricominciai a suonare con Marky e Dee Dee, ma poi mollai tutto. Oggi ho trovato un equilibrio.
In effetti hai fatto davvero poco per molti anni ed è stato bello rivederti su un palco con tanta energia recentemente…
Sì, dopo la prima breve esperienza con i Ramainz, formai i Los Gusanos, con i quali mi divertivo davvero, anche se dentro di me avevo sempre la sensazione che qualcosa non funzionasse al cento per cento. Abbandonai il progetto e ne misi in piedi subito un altro, i Bad Chopper, quasi fossi alla ricerca di qualcosa che non trovavo. Non mi facevo più chiamare CJ Ramone, volevo chiudere col mio passato, probabilmente perché non riuscivo ad affrontarlo. Pubblicammo un album, grazie al quale tornai a lavorare con Daniel Ray, ma la morte di uno dei musicisti concluse tristemente tutto.
Ritornare a lavorare con Daniel Ray però ti fece molto bene…
Sì, d’un tratto mi resi conto che, per quanto avessi cercato di scappare dal mio passato per più di dieci anni, non potevo dimenticare chi fossi e cosa avevo fatto. Tornare a lavorare con Daniel, con un pezzo tanto importante della storia dei Ramones, fu come una sveglia. I ragazzi che incontravo mi dicevano che non erano venuti a vedermi con i Bad Chopper perché non sapevano che ci suonassi, insomma ho capito che dovevo riappropriarmi della mia identità.
Be’ in realtà ti sei riappropriato di un’identità che non era la tua, sembra quasi un paradosso.
Sì, è vero, ma una volta entrato nei Ramones, quella diventa la tua identità. Anche Johnny lo diceva spesso: “A me interessa solo il bene dei Ramones, posso avere problemi con gli altri membri della band, ma se succede loro qualcosa o qualcuno ne parla male, divento una furia”. Ed era così. Per esempio io legai subito con Joey e per lungo tempo ci furono tensioni tra me e Johnny, per via dei loro problemi personali. Ma ogni volta che avevo bisogno, lui era al mio fianco.
E ora tu e Daniel suonate nella stessa band. Si chiude un cerchio.
Sì, ho appena pubblicato il primo album a mio nome, Last Chance To Dance. Il fatto che lui sia al mio fianco sia come produttore che come compositore e chitarrista mi dà sicurezza e rende il progetto qualcosa di molto vicino allo spirito degli ultimi album dei Ramones.
Tu sei un’icona punk, ma so che sei cresciuto ascoltando e suonando altra musica…
E’ vero, sono cresciuto ascoltando i Black Sabbath e diventai presto un metal kid. Iniziai a suonare proprio quello e solo col tempo passai invece al punk. Aver imparato a suonare lo strumento su pezzi metal mi aiutò moltissimo, perché mi fece acquisire una tecnica invidiabile che mi fece imparare in brevissimo tempo la discografia della band, vista la relativa facilità delle parti di basso.