9, l’ultima fatica in ordine di tempo dei Negrita, è volato al primo posto della classifica italiana dopo una sola settimana dall’uscita. Era dunque logico aspettarsi un concerto che non lasciasse prigionieri dalla band di Pau e soci.
Vedi i Negrita che aprono il loro Tour 2015 a Firenze e, d’istinto, ti viene da pensare che non ci sia nulla di meglio che giocare in casa in un’occasione così carica di emozioni, di speranze e, perché no, di incertezze come la prima di un tour. Invece, paradossalmente, le pressioni potrebbero essere anche maggiori in un contesto familiare, amplificate proprio dal trovarsi di fronte a chi, da subito, ha capito che avevi la stoffa giusta per stare tra i grandi. Quando le luci del Mandela Forum si spengono e la band fa il suo ingresso sul palco, tuttavia, tutte le paure sembrano svanire in un attimo, lasciando spazio solo all’adrenalina. Tre anni erano passati dall’ultima volta qui e i volti tirati della band, mostrati in tutta la loro umanità dai maxi schermi posteriori, dimostrano che, per quanto navigati, ogni volta sia un po’ come la prima. Come da indiscrezioni, lo show parte fortissimo con due nuovi pezzi, Mondo Politico e Poser, che servono a sciogliere le tensioni e a capire quanto il pubblico conosca già a memoria ogni verso del nuovo album. Col passare dei minuti, sempre più sorrisi iniziano a solcare i volti dei musicisti, galvanizzati dalla risposta di Firenze e dalla voglia di travolgere tutto e tutti dopo tre anni senza elettricità. Pau dà così il via ad una serie di dialoghi divertenti (e divertiti) con il suo popolo che scioglieranno il ghiaccio, dando inizio alla festa. La dichiarazione d’amore e comunanza d’intenti è palese in In Ogni Atomo, con cui i Negrita iniziano ad aprire le porte del proprio passato: da qui in avanti, dopo l’iniziale rodaggio, avrà davvero inizio quel rito collettivo che si era interrotto nel settembre del 2012 al Forum d’Assago. Non è forse un caso che subito dopo arrivi proprio Cambio, quasi a dichiarare che da lì in poi le cose prenderanno una piega diversa, più emotiva e con meno paure. La scaletta è curata nei minimi dettagli e la sensazione è che dietro alla scelta dei brani, alla posizione in cui sono inseriti, vi sia un preciso disegno e non un semplice lancio di dadi. La parte più toccante resta quella appena successiva, dove in rotazione vengono suonate la splendida e disillusa Se Sei L’Amore, La Tua Canzone, Brucerò Per Te e 1989, a dimostrare nuovamente quanto i brani di 9 si sposino alla perfezione con quelli passati. L’unica nuova composizione che dal vivo non mi ha pienamente convinto è stata forse Ritmo Umano, per altro una delle vette del disco, ma che ha probabilmente ancora bisogno di un po’ di tempo per ingranare anche dal vivo. La band non si risparmia e i pezzi fioccano che è una meraviglia, tanto che ci si rende tutti conto che se lo show terminasse con Ho Imparato A Sognare non ci sarebbe davvero nulla da ridire. Invece, il finale è ancora molto lontano. Quando però le note di Gioia Infinita iniziano a far vibrare il palazzetto, ci mettiamo l’anima in pace e perdiamo per l’ultima volta quei freni inibitori che domani la vita di ogni giorno ci costringerà a recuperare. Forse.