Siamo sinceri: ogni volta in cui abbiamo sentito parlare di un nuovo album della band di Doctor Doctor nel nuovo millennio abbiamo temuto che sarebbe stato l’ultimo di una carriera che dura ormai da quarant’anni. Invece, puntuali come un orologio svizzero, Phil Mogg, Paul Raymond, Vinnie Moore, Andy Parker e il nuovo bassista Rob De Luca sono riusciti ancora a stupirci. Proprio Moore ha parlato con noi di A Conspiracy Of Stars.
A guardare tutti i formati in cui avete reso disponibile A Conspiracy Of Stars sembrerebbe di trovarsi nel 1985: manca solo l’audiocassetta…
“Effettivamente fa impressione la lista dei vari formati in cui si può trovare l’album e ha fatto sorridere anche noi, tanto che ci siamo chiesti: ma il mercato è davvero in crisi da quasi quindici anni (ride, ndr)? In realtà è proprio proponendo più versioni, alcune davvero anche più curate che nell’85, che si riescono a raggiungere le persone che ancora comprano i dischi. Inoltre, nonostante il pessimismo che circonda il settore da anni, va detto che i dati di vendita dei dischi digitali è in aumento continuo e costante e, visto che in quel modo si evitano i vari costi legati al prodotto, pur costando meno fanno entrare gli stessi guadagni. Anche se la notizia più bella per dei vecchietti come noi è quella del clamoroso ritorno del vinile, che non veniva venduto con questi numeri da decenni. Buon segno.”
Buon segno anche che gruppo come gli UFO sia ancora presente sul mercato a ricordare ai giovani da dove provengono molti dei loro riff…
“Non vogliamo ricoprire la parte dei maestri verso le nuove generazioni, anche perché ogni epoca crea le proprie eccellenze e anche quando sembra che nulla di grande possa venire fuori, sotto sotto sta sempre per nascere qualche nuova sorpresa. All’inizio degli anni ottanta tutti credevano che non sarebbe potuto nascere nulla di simile ai due decenni successivi, mentre la storia dice ben altro: anche oggi tutto può succedere. Certo è che è bello essere ancora presenti sul mercato e vedere che tante persone siano ancora affezionati alla nostra musica, anche ai pezzi nuovi. Faccio parte della band da circa dodici anni, ma è davvero come se suonassi con loro da sempre tanto è il rispetto che porto per il loro passato.”
Inoltre va detto che in questi anni tu sei diventato il maggior compositore del gruppo, cosa che conferma in qualche modo le tue parole.
“Per me si tratta di una grandissima responsabilità, che non ti nascondo mi crei talvolta anche qualche pressione interiore. Sono perfettamente conscio del fatto che ogni nuovo capitolo della storia degli UFO debba essere all’altezza della storia della band, quindi comporre un brano per un mio album solista è una cosa, mentre pensare ad una canzone che sarà cantata da Phil Mogg è un po’ diverso…Va anche detto che di natura sono un tipo cocciuto, che si prende sulle proprie spalle le responsabilità di tutti e quando venni contattato per sostituire Michael (Schenker, ndr) presi la cosa come la sfida più grande della mia vita. Credo che ormai i fan mi abbiano accettato in un ruolo così difficile da ricoprire.”
La tua storia assomiglia a quella di Steve Morse con i Deep Purple: sostituzione di un mito dopo una reunion e presa in carico del gruppo, garantendogli una seconda giovinezza. Ti ci ritrovi?
“Diciamo che sono paragoni che mettono i brividi, ma di sicuro le due storie si assomigliano molto. Anche in quel caso parliamo di uno dei gruppi cardine dell’hard rock mondiale e di un musicista, Richie Blackmore, difficile da rimpiazzare nell’immaginario collettivo. Quello che amo di Steve Morse e che ho cercato di fare anche io, è stata la scelta di non scimmiottare minimamente le gesta del suo precedessore, perché ne sarebbe uscito di sicuro sconfitto. Per imprese di questo genere non basta la tecnica, si tratta di un discorso molto più complesso, che ha a che fare con i sentimenti delle persone e con biografie pesanti come macigni. Non è affatto semplice.”
A livello musicale, A Conspiracy Of Stars mi sembra un mix calibrato di influenze classiche e produzione moderna: belle melodie, brani catchy e una voce che potrebbe cantare ogni cosa.
“Abbiamo cercato in primis di evitare l’autocitazionismo, che rappresenta un rischio elevato dopo tanti anni di carriera e credo siano presenti anche rimandi alla tradizione prettamente hard rock tanto inglese, quanto americana. Credo anche che sia inevitabilmente legato ai nostri album precedenti, che ci sia un filo conduttore netto che lega i dischi degli anni duemila. Phil ha un fermento che dovrebbe appartenere solo ai ventenni, sembra che abbia iniziato ora a la carriera. Il suo entusiasmo è contagioso e per nulla prevaricante, anzi considera che nessun nuovo brano è stato registrato senza che ognuno dei membri fosse d’accordo sulla sua validità.”
Alcuni brani sembrano nati apposta per diventare instant classics della band ed essere trasmessi delle radio, soprattutto americane. Scegliete i brani in base a qualcosa?
“Si pensa sempre che quando una band entra in studio, il primo pensiero vada a cosa scrivere per compiacere questo o quel mezzo di comunicazione, a come arrivare a qualcosa o qualcuno, insomma. In realtà chiunque abbia preso in mano una volta nella vita uno strumento, sa bene che quando suoni ti importa solo di quello che stai facendo! Questo per dirti che non abbiamo seguito dei fini precisi, abbiamo dei punti di riferimento certo, in primis la nostra stessa storia, e credo si capisca anche bene quali siano. Questo è un periodo storico particolare, dove grossa parte del mercato è smosso ancora da gruppi che hanno più di trentacinque anni di vita come noi, quindi un occhio resta fisso sul passato, ma senza sembrare nostalgici e provare ancora ad essere trasmessi dalle radio commerciali.”
Essendo ormai il maggior compositore della band, dai primi anni duemila si può parlare di una nuova era per la band. Ti viene mai voglia di scrivere testi?
“Pur essendo profondamente rispettoso del passato della band, come ti dicevo, è inevitabile che abbia portato il mio bagaglio di esperienze professionali e di vita all’interno del gruppo e che piano piano si siano fatte strada a livello di songwriting. Inoltre, devi pensare che si parla sempre dell’addio di Schenker, ma questo gruppo ha perso un altro dei suoi pilastri pochi anni dopo (Pete Way, ndr) e quindi il mio ruolo è stato costretto a cambiare ancora più in fretta. Per quanto riguarda i testi, invece, posso solo dirti che sono e saranno sempre un affare di Phil e di nessun altro! Phil è un autore incredibile, riesce a comporre testi per la musica che scrivo in poche ore ed è una persona molto colta. Ciò non toglie che la mia musica racconti comunque chi sono e i cambiamenti interiori cui sono andato incontro nel corso della mia vita.
Quindi il tuo modo di comporre è mutato in modo direttamente proporzionale ai tuoi cambiamenti interiori?
“Esattamente: tanti pensano che solo i testi risentano degli stati emotivi, mentre è così evidente che ogni processo creativo ne venga influenzato. Ogni canzone ha un effetto catartico, tanto che il processo che porta alla realizzazione di un disco è molto spesso simile a quello di una vera e propria psicoterapia: dopo un lavoro infinito su me stesso sono riuscito finalmente a superare un paio di grossi nodi interiori che mi impedivano di evolvermi da moltissimi punti di vista, non solamente per quanto riguarda la mia musica. È difficile spiegare a parole i sentimenti e le emozioni che condizionavano completamente il mio approccio alla vita, così come era difficile accettarli e portarli alla coscienza. Questo si rifletteva inevitabilmente anche nella mia musica: pur senza parole era come se dicessi sempre: “Ecco questo sono io e questi sono i miei problemi”. Ero incapace di farmi aiutare e finivo regolarmente per stare peggio.”
Tempo fa, a chi vi chiedeva se mai ci sarebbe stato un nuovo capitolo nella storia degli UFO, rispondevate che tutto sarebbe dipeso dalla richiesta del pubblico. L’ultimo decennio dimostra che la gente continua ad amarvi…
“Era l’unica risposta che potessimo dare in quel momento, visto che sai bene quanto sia difficile oggi fare musica anche per band storiche come noi. Ho sempre pensato che questo gruppo avesse ancora potenzialità incredibili e non ho mai smesso di sperare in un nuovo capitolo della saga. Sai, ai tempi del primo album con me le recensioni furono ottime, ma poi è sempre il pubblico a decidere cosa funziona e cosa no, quindi è sempre lui ad aver in mano il futuro di progetti come questo. Niente contro le buone recensioni, ma la storia del rock è piena di album osannati o rivalutati dopo trent’anni che non hanno dato da vivere ai loro autori (ride, ndr). Ogni volta che andiamo a suonare in luoghi che non abbiamo mai visitato, ogni volta in cui saltiamo una nazione e i fan ci scrivono quasi offesi, è lì che capiamo che forse uno spazio per gli UFO possa ancora esserci e dunque eccoci ancora qui, più carichi che mai!”