Dopo le recenti diatribe legate all’introduzione nella Rock N Roll Hall Of Fame, finalmente Ace Frehley risponde in musica agli ex compagni Gene Simmons e Paul Stanley e lo fa nel migliore dei modi. Il vecchio Ace è in grande spolvero e il livello qualitativo di Space Invader lo dimostra appieno: undici canzoni che non hanno nulla da invidiare agli ultimi lavori dei Kiss, anzi…
Iniziamo col dire che non ti piace viziare i tuoi fan: vent’anni per pubblicare Anomaly e ora altri cinque per il suo successore. A questo punto ogni volta potrebbe essere l’ultima!
“Diciamo che ho tanti altri interessi oltre alla musica (ride, ndr). In effetti, non sono uno di quei musicisti che compongono nuovi brani con estrema facilità e oltretutto sono sempre stato un perfezionista, quindi fino a quando un pezzo non mi convince appieno non lo pubblico. Piuttosto aspetto tempo migliori e maggiore ispirazione. Non ho mai avuto una formula di scrittura, né tanto meno l’ho mai cercata, quindi da questo punto di vista il mio modo di comporre non è cambiato molto. Certo, ora sono un po’ più disciplinato e questo aiuta moltissimo, come il fatto di sentirmi bene fisicamente come non mi succedeva da almeno trent’anni: sono in forma e credo che la cosa si rifletta sulla mia musica.”
Merito anche del tuo nuovo stile di vita, immagino…
“Cosa vuoi che ti dica, è inevitabile che io stia meglio: sono più di sette anni che non tocco un goccio d’alcol e una decina da quando mi sono fatto l’ultima striscia di cocaina. Se avessi continuato, francamente, oggi non sarei più qui o comunque farei molta fatica a parlare con te di un mio nuovo disco…Nella vita si fanno degli errori e non sono certo qui a rinnegarli, però credo che qualcuno abbia voluto che io sopravvivessi per poter dire ad altri di stare attenti, perché ogni sera potrebbe essere l’ultima vivendo in quel modo. Ho ancora perfettamente in testa come mi sentivo ogni mattina, con tutti i propositi di smettere che poi non si avveravano mai. So di essere stato un pessimo esempio e qualcuno potrebbe essere morto a causa mia.”
E questo ti ha dato la spinta per smettere?
“Pensare che qualche ragazzo avrebbe potuto dire: che figo Ace, voglio vivere come lui, ancora mi ossessiona, perché posso aver causato implicitamente dei danni ad esseri umani la cui unica colpa è stata quella di vedermi come un esempio. Quindi sicuramente quella è stata una delle cause scatenanti. Un’altra sicuramente è stata quella di poter guardare negli occhi le persone a me care senza dovermi vergognare di come fossi ridotto: chi mi è stato accanto ha patito molto a causa del mio comportamento, quindi è giusto che ora restituisca loro qualcosa. Persino il mio modo di suonare e di cantare sembrano totalmente differenti: gli amici a cui ho fatto sentire i primi demo dell’album mi hanno detto che non cantavo così dai tempi del disco solista del 1978. Gli amici…(ride, ndr).”
Pur essendo un chitarrista old school, so che sei un grande fan delle nuove tecnologie. Non sei per il ritorno all’analogico come tanti tuoi colleghi?
“Sono un grandissimo sostenitore di Pro Tools e non mi vergogno ad ammetterlo. Chi rifiuta per partito preso le nuove tecnologie senza provare a servirsene è semplicemente un ottuso, non qualcuno che preferisce una sonorità ad un’altra. Poi ammetto che ci siano grosse differenze tra il suono digitale e quello analogico, ma resto convinto del fatto che la differenza la facciano poi sempre le canzoni: se fanno schifo, il suono analogico non le può certo cambiare (ride, ndr). Ti confesso che preferisco quando c’è ancora qualcuno che mi aiuta in studio di registrazione, ma quando ho un’idea e al mio fianco non ho nessuno, Pro Tools è la cosa migliore che possa esserci, senza stare troppo a fare i nostalgici!”
Gimme A Feelin’ potrebbe essere un pezzo dei Kiss degli anni settanta, visto che parlavamo di nostalgia…
“Beccato in flagrante! Penso che sia il pezzo ideale per presentare Space Invader: ha un groove fantastico, è immediato e suona moderno pur essendo un disco che, come dici, potrebbe essere stato composto quarant’anni fa. Tutto quello che nella mia mente dovrebbe avere un singolo. Certo, da solo non è in grado di spiegare le tante sfaccettature del disco, ma credo che possa invogliare i vecchi fan a comprarlo e a far capire che Space Ace sa ancora fare quelle due o tre cose che si ricordano. Non è un pezzo impegnato o con un messaggio colto alle spalle, è rock n roll come mi è sempre piaciuto fare e credo che la successiva I Wanna Hold You si muova più o meno sullo stesso campo: è qualcun altro che rinnega il proprio passato, non io…”
Anche la copertina in questo senso è un rimando palese al tuo passato da Space Ace. Un altro regalo ai tuoi fan?
“La gente sa chi è il vero Space Man e chi si limita a scimmiottarlo. Credo che la risposta migliore a tutte le cazzate che vengono dette sul mio conto sia ancora la musica e Space Invader dice chiaramente che sullo stesso palco spazzerei via tutti quelli che nei Kiss hanno preso il mio posto, Tommy Thayer compreso. L’ho già detto più volte e non mi nascondo dietro ad un dito: la gente vuole che io torni nei Kiss, ma sappiamo bene che Gene e Paul non vogliono che ciò avvenga. Sto bene, non suono così dalla fine degli anni settanta e il problema è forse proprio questo: che ora quei due non possono più dire che non sono affidabile perché sono un tossico e un alcolizzato. Basta venire a vedermi suonare per vederlo, ma evidentemente temono il confronto e preferiscono avere in mano tutto il business.”
Quindi credi che sia un problema esclusivamente di soldi? Certamente il tuo passato non aiuta però…
“Amico, stiamo parlano di Gene Simmons, quasi un sinonimo di denaro. Non si tratta di nient’altro. Sai quanto è più facile gestire una band in cui due componenti sono poco più che delle comparse? È ben diverso che avere a che fare con line up originale: in quel caso la gente si dividerebbe in quattro, invece così è una vittoria persino scontata. Allora è meglio continuare a dire in giro che sono una brutta persona, un musicista finito e un nazista. Con una ragazza ebrea però (ride, ndr)! L’introduzione alla Hall Of Fame è stata l’ultima occasione, ormai non ho nemmeno più la speranza che possa succedere di nuovo e francamente non so nemmeno se Peter (Criss, ndr) potrebbe mettersi a suonare per due ore e per un tour. Tanto ormai è solo fantasia.”
Tornando alla copertina, il disegno di Ken Kelly cita apertamente qualche copertina che il tuo pubblico conosce bene. Sei complice dell’idea?
“Io e Ken siamo amici da quarant’anni, quindi la complicità è qualcosa di naturale ormai. La copertina di Anomaly era molto moderna e per certi versi mal si sposava con la mia iconografia classica, ma ai tempi cercavo qualcosa di quel tipo. Questa volta invece volevo tornare alla mia essenza, a quello che sono da sempre, con o senza i Kiss. Trovo che la copertina sia splendida e quando Ken mi ha portato le prime bozze ho capito immediatamente che sarebbe diventata iconica: quella navicella spaziale con la mia figura in ombra sarebbe stata perfetta anche per il mio primo album solista, è Ace Frehley al 120 per cento.”
Inside The Vortex è forse il pezzo principale del disco e mi ricorda alcune cose di Ozzy. Come è nata?
“È un pezzo che adoro e non a caso è posta più o meno al centro del disco, perché ne rappresenta il fulcro e allo stesso tempo lo spartiacque tra la prima e la seconda parte. È vero, ora che ci rifletto ha qualcosa di Ozzy e dei Black Sabbath, un gruppo che ho sempre amato alla follia. È strano perché si tratta di un brano costruito su un riff e con un assolo di una certa lunghezza, ma in realtà è uno di quei brani nati al basso. Non so mai come nascerà una canzone, talvolta da un riff o da una melodia con cui magari mi sveglio il mattino, ma negli ultimi anni sono sempre più i brani che creo imbracciando il basso. Non è l’unico brano nato in questo modo, il basso è uno strumento che ho sempre adorato. Ora che te l’ho detto, vai a riascoltarla e te ne accorgerai (ride, ndr).”
È vero che stai per dare un successore al tuo libro del 2011?
“Purtroppo per voi ho così tante cose da raccontare che penso di poter scrivere almeno cinque libri! Sì, in ogni caso sto scrivendo quello che sarà il seguito ideale di No Regrets e andrà a colmare tutto quello che ancora non ero riuscito a scrivere in precedenza, soprattutto riguardo al periodo Frehley’s Comet, che avevo un po’ trascurato sul volume precedente. Non ho ancora una data precisa di pubblicazione e forse per questo sono ancora in alto mare: esattamente come per la composizione della mia musica, anche in questo campo ho bisogno di deadline precise o finisco per perdermi dietro a tutto il resto. Serve qualcuno che mi faccia il culo, che mi chiami ogni giorno e che mi dica che la data di consegna si sta avvicinando. Una volta davo la colpa all’alcol, era più facile, poi ho capito che se non me la faccio sotto sono la persona meno creativa del pianeta (ride, ndr)!”