Essendo uno dei concerti di punta del Lucca Summer Festival e, di riflesso, anche uno dei più attesi della stagione concertistica 2014, vi erano pochi dubbi sul fatto che gli Eagles avrebbero dato vita ad uno show memorabile e che sarebbe rimasto negli annali della manifestazione. Iniziato con una puntualità tipica di musicisti che si avvicinano ai settant’anni e che probabilmente prima salgono sul palco e prima potranno andare a dormire, lo show ha dimostrato ancora una volta che puoi aver esagerato con gli stravizi, puoi aver conosciuto da vicino qualsiasi tipo di sostanza e incarnato appieno lo spirito dell’America degli anni settanta, ma se non sei un grande professionista non arrivi a tenere concerti di questo livello ad un’età in cui molti coetanei devono guardare delle fotografie per riportare in vita i vecchi tempi. Sono in grande spolvero gli Eagles, a dispetto di chi ogni volta vorrebbe che fosse il loro ultimo tour: nonostante i capelli grigi e una certa staticità, a dire il vero mai cambiata troppo nel corso dei decenni, Don Henley, Glenn Frey e Timothy B. Schmit sembrano gli stessi di sempre. A sconvolgere letteralmente, invece, è Joe Walsh: vedere delle sue vecchie istantanee in cui sembrava il nonno del musicista salito ieri sul palco di Lucca fa davvero impressione, così come sentire quel suono di cui tutti sono innamorati da decenni, da Jimmy Page a Eric Clapton, passando per Pete Townshend. Ora come al momento del suo ingresso nel 1976, quando qualcuno pensava addirittura che il suo stile chitarristico non si sarebbe potuto sposare con quello country del gruppo, Walsh è il vero motore di tutto ciò che accade onstage: ogni volta in cui appoggia il proprio slide alla sua Les Paul o in cui si avvicina al microfono per cantare, il clima cambia immediatamente. La scaletta è studiata alla perfezione e fatta in modo che il concerto si sviluppi secondo un climax ascendente che porti la band ad alzare continuamente il tiro fino alla sfilata di successi che concluderà il tutto poco più di due ore dopo. Si inizia con una tenue How Long, che quasi fa pensare di trovarsi sulla West Coast in un pomeriggio assolato dei primi anni settanta, mentre Take It To The Limit inizia ad alzare leggermente l’asticella del ritmo, infiammando all’istante i presenti. Dopo l’entusiasmo suscitato da classici come Tequila Sunrise, una delle vette della serata, la prima parte più acustica e sognante lascia spazio alla chitarra di Joe Walsh, che con In The City riporta i presenti indietro nel tempo, quando I Guerrieri Della Notte spopolava nei cinema di mezzo mondo e la canzone ne rappresentava uno dei picchi assoluti della colonna sonora. Da qui in poi non si potrà più tornare indietro: lo stile inconfondibile di Walsh, una volta giunto sul palco non può certo più togliere il disturbo come se nulla fosse, anche perché in grado di catalizzare immediatamente l’attenzione del pubblico. Nel giro di un’ora il musicista alternerà qualcosa come sette chitarre, talvolta anche tre nel corso dello stesso pezzo, mostrando a tutti di essere davvero uno dei chitarristi più influenti di una generazione. Dopo la classica e doverosa presentazione dei membri della band, si può volare via con la fantasia durante l’incredibile finale. Hotel California, che sveglia anche persone venute qui perché conoscevano solo quel brano, Take It Easy, Rocky Mountain Way e Desperado rappresentano gli encore che qualsiasi fan della band californiana potrebbe sognare. Si va via contenti e con la consapevolezza che anche questa volta non sarà l’ultima.
Eagles: Live@Lucca Summer Festival
3 Luglio 2014
Concerti
Giornalista musicale con esperienza decennale, Luca Garrò scrive o ha scritto per alcune delle riviste musicali più note del nostro paese, da Rolling Stone a Jam, passando per Rockstar, Rocksound, Onstage e Classic Rock, oltre ad essere uno dei fondatori del magazine online Outune.net. Appassionato di classic rock fin dall'infanzia, ha scritto centinaia di articoli sugli argomenti più disparati, tre libri per Hoepli (Freddie Mercury, David Bowie e Jimmy Page & Robert Plant) e sta curando una biografia su Brian May per Tsunami. Per cinque anni è stato tra i curatori del Dizionario del Pop Rock Zanichelli.
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