Pur non comparendo in nessun album da studio pubblicato in vita da Jimi Hendrix, Billy Cox è stato probabilmente il musicista che ha incarnato al meglio ciò che il chitarrista di Seattle andasse cercando negli ultimi anni della propria vita, oltre ad essere l’ultimo membro oggi in vita di qualsiasi line up della Experience. Il groove funkeggiante delle sue linee di basso si sposava alla perfezione con il nuovo sound cercato da Hendrix, coadiuvato da un feeling in precedenza mai trovato con Noel Redding. In questi anni, Cox è impegnato insieme a Janie Hendrix, Eddie Kramer e John McDermott in varie operazioni legate all’eredità musicale del guitar hero, così come a portarne avanti la memoria grazie ai tour della Hexperience Hendrix.
Nonostante tu sia stato membro tanto della Jimi Hendrix Experience, che della Band Of Gipsys, nonché l’ultimo musicista in vita ad aver suonato con lui, non ami particolarmente parlare di quel periodo. Si tratta di un problema emotivo o sei solo stanco di rispondere alle stesse domande?
Sono stato uno dei migliori amici di Jimi, prima ancora che uno dei fortunati musicisti che l’hanno accompagnato nella sua breve avventura, quindi ricordarlo, ascoltare la sua musica mi aiuta a non dimenticarlo. Non amo invece i pettegolezzi nati nei quarant’anni dalla sua morte, cosa su cui vertono molte delle interviste che mi sono state fatte negli anni, per questo spesso talvolta dicono che sono scontroso. Per parlare di certe cose, la mia mente è costretta a tornare indietro di decenni e, francamente, quante donne avesse intorno, il colore delle sue scarpe o delle sue pasticche non credo siano di nessuna utilità. Sono un musicista, lui era un musicista, quindi parliamo di musica. È una fortuna che ce ne sia ancora di mai sentita. Jimi diceva spesso: quando non ci sarò più, continuate ad ascoltare la mia musica. Ecco cosa voglio fare.
Veniamo allora a People, Hell & Angels. Come successo per Valleys Of Neptune, qualcuno parla di speculazione sulla memoria di Jimi, altri di documenti assolutamente necessari. Posto che la discografia postuma di Hendrix sia da sempre oggetto di polemiche, cosa credi che possa aggiungere un album come questo?
Le polemiche circa l’eredità musicale di Jimi non finiranno mai, ma credo che lavori come questo o in generale tutti quelli usciti dalla seconda metà degli anni novanta, non siano minimamente paragonabili a quelli degli anni appena successivi alla sua morte. La prima cosa che deve far capire il valore di People, Hell & Angels è il fatto che dietro al prodotto ci sia il lavoro di Eddie Kramer: personalmente ho preso royalties da tutte le pubblicazioni in cui è comparso il mio nome, ma ti confesso che non andavo orgoglioso degli album prodotti da Alan Douglas. Un conto è mostrare dove Jimi si stesse spingendo nell’ultima fase della sua vita, un altro è mettere mano ai pezzi oggi, risuonarli o cose di questo tipo…
Tuttavia in molti contestano il fatto che la maniacalità di Hendrix non avrebbe fatto sì che tutta questa mole di materiale finisse sugli scaffali dei negozi. Non avendo ancora trovato quello che stava cercando, probabilmente il materiale sarebbe stato molto diverso…
È vero, Jimi era un perfezionista e, al di là di questo aspetto, dopo la pubblicazione di Electric Ladyland qualcosa in lui cambiò in maniera evidente. In realtà a livello interiore Jimi cambiava con una rapidità rara e di conseguenza anche il valore che dava alla propria musica, al messaggio che quella musica avrebbe dovuto dare. Già poco dopo Are You Experienced? la sua sensibilità lo portò a vedere quei nastri come qualcosa di molto distante da sé, cosa evidente dall’evoluzione che si sente nei dischi successivi, usciti a distanza di pochissimi mesi. È stupido dire oggi che i pezzi che noi sentiamo su album come Valleys Of Neptune o People, Hell & Angels sarebbero stati diversi da come li sentiamo, perché è così ovvio che sarebbe stato così. Dobbiamo pensare a tutte quelle sessioni come a tasselli di un mosaico che ci porteranno ad avvicinarci a dove Jimi volesse arrivare.
Standogli accanto per diversi anni, sei riuscito a capire dove effettivamente volesse arrivare Jimi con la propria musica? Per anni si è discusso delle implicazioni politiche legate agli ultimi anni della sua carriera, al fatto che fosse manipolato e a tante cose controverse che ancora oggi non hanno trovato soluzione.
A Woodstock Jimi mi diede l’impressione di essere sereno: lottava da sempre contro i propri demoni, ma sembrava aver capito quello che voleva fare e quello che fosse giusto per lui. In realtà il suo umore e i suoi stati d’animo cambiavano in continuazione, sentiva il peso di tutto quello che lo circondava, sapeva di avere grosse responsabilità come prima superstar di colore ed essendo un puro, spesso pagava per la propria ingenuità. Se fai caso alle sue dichiarazioni degli ultimi due anni di vita, dalle sue parole potrai notare le forze interiori contrarie che ne minavano l’anima: sapeva che la visibilità poteva permettergli di dare messaggi all’umanità, ma allo stesso tempo temeva di compromettersi con dichiarazioni che poi sarebbero state utilizzate in modo sbagliato. Quel che è certo è che buona parte del pubblico avrebbe sempre voluto vedere l’indemoniato che si contorceva sul palco e dava fuoco alla chitarra, mentre Jimi si era stancato di quelle cose da diverso tempo.
Ti sei mai chiesto cosa suonerebbe oggi se fosse ancora vivo?
Come dimostrano le jam degli ultimi tempi, blues e jazz erano quello che gli interessava maggiormente, anche se credo che il suo vero obiettivo fosse quello di dedicarsi sempre di più alla musica strumentale: nonostante scrivesse pezzi incredibili, Jimi non era convinto di essere un buon songwriter, soprattutto per quanto riguardava i testi dei brani. Da questo punto di vista continuava a fare paragoni con Dylan, dicendo che quello significava scrivere canzoni. Se ci pensi, però, sarebbe come se un chitarrista smettesse di suonare perché non potrebbe mai raggiungere il livello di Hendrix…Un paragone che taglierebbe le gambe a chiunque.