Qualcuno li considera i nuovi Led Zeppelin. Forse esagerando, ma di certo i Rival Sons sono tra le realtà di rock revival più fresche ed interessanti in questo momento. Cerchiamo di capire dalla loro voce perché…
Siete considerati da qualche tempo il gruppo di rock classico più credibile e con più prospettiva futura. Il nuovo album non fa che confermare le buone impressioni, mostrando allo stesso tempo il vostro lato più psichedelico e soul. Come si è evoluta la vostra musica dall’album precedente?
Siamo convinti che il termine classic rock debba essere usato per i gruppi davvero classici, appunto. Per quelle band che facevano un certo tipo di musica negli anni settanta. Non cerchiamo di reinventare, copiare o riprodurre un certo tipo di musica, facciamo solo quello che ci esce dal cuore. Non siamo nemmeno una band rock in senso stretto, perché con quel termine si intendono gruppi che non hanno alcuna matrice blues all’interno della propria musica. Quindi, se proprio dovete definirci, utilizzate il termine rock n roll. È vero, ‘Head Down’ è sicuramente l’album che cerchiamo di comporre da anni, equilibrato e molto soul e rispecchia appieno chi siamo e qual sia la nostra idea di musica. Ma sappiate che non amiamo ripeterci, quindi aspettatevi qualcosa di diverso per il prossimo album!
Comunque la mettiate, è indubbio che il pubblico sia sempre alla ricerca di nuovi gruppi come voi, in grado di rinverdire i fasti di un periodo ben preciso. Perché credi ci sia così tanta voglia di anni ’70?
Innanzitutto perché molte delle persone a cui ti riferisci non hanno potuto vivere quel periodo e quindi sperano di poter avere la loro possibilità. Inoltre, quegli anni sono visti ancora con un’aura di misticismo che il tempo non è ancora riuscito a scalfire. Personalmente crediamo che la storia del rock n roll possa essere paragonata ad una complessa equazione matematica: gli ultimi quindici anni possono essere visti come un errore nell’equazione, col conseguente bisogno di tornare indietro passo passo a ricercare l’origine dello sbaglio. Questo abbiamo cercato di fare, tornare indietro e capire dove ci si era fermati. C’è un momento preciso in cui abbiamo capito che qualcosa non andava: una sera in tv trasmettevano una premiazione e Metallica e Coldplay erano i candidati alla vittoria per il miglior album rock. Ci siamo chiesti come fosse possibile che un gruppo metal e uno pop gareggiassero per quella categoria.
Mi ha colpito in particolare ‘True’. Oggi come oggi, mettere un brano del genere alla fine di un album mi è sembrato un rischio elevato, ma che vi fa onore.
In effetti eravamo così convinti della bontà dell’intero album che abbiamo voluto concludere in quel modo: dopo tutti quei riff e quell’energia ci sembrava giusto chiudere con un brano d’atmosfera come quello. È una sorta di omaggio a Tim e Jeff Buckley, anche se con le dovute distanze. Penso che due voci del genere e nella stessa famiglia non si sentiranno mai più. È stata anche una specie di sfida nei confronti dei fruitori musicali da free download: tutti pieni di album scaricati e mai uno sentito fino alla fine. È stato come dire: “Va bene, ascolti solo tre pezzi? E noi ti piazziamo perle fino alla fine!”.