In occasione dell’uscita di Goin’ Back, ho avuto l’onore di poter parlare con Phil Collins, una delle massime icone del rock mondiale. L’ex Genesis ci ha parlato di tutto: presente, passato e futuro…
Prima di tutto, com’è nata l’esigenza di questo disco e la collaborazione con i Funk Brothers?
E’ un disco che ho sempre voluto fare, ascolto questa musica da quando ho 13/14 anni. Non avevo ancora avuto l’occasione di suonare questi pezzi in modo professionale, perchè quando sono entrato nei Genesis avevo solo 19 anni e i Genesis facevano la loro musica… per cui non c’è mai stato modo di confrontarmi con queste canzoni. Quindi, questo preciso momento della mia carriera professionale era il momento adatto per fare questo disco, mentre per quanto riguarda la collaborazione con i Funk Brothers gli ho semplicemente scritto una email… Ormai si può raggiungere chiunque con una email. Anche se non li avevo mai incontrati, però, era come se li conoscessi, visto che li avevo sempre ascoltati e osservati. Comunque, ho iniziato la lavorazione del disco da solo: mi sono tirato giù tutte le note, tutti i giri di basso e di chitarra… Poi ad un certo punto mi sono reso conto che era assurdo non tentare nemmeno di coinvolgere anche loro, così li ho contattati e loro si sono detti subito entusiasti. Conoscevano il mio lavoro, ed è stato facile coinvolgerli in tutti i pezzi… Già, perchè mi piaceva l’idea che suonassero in tutti i brani, anche in quelli in cui originariamente non comparivano.
Qual è la forza, l’attualità di questi pezzi?
Il disco sta andando molto bene, quindi credo che questa possa essere una dimostrazione della validità delle canzoni. Certo, ora con il download è difficile sapere quanto per esempio il disco o il singolo vendano, ma è al numero 1 in molti posti in Europa. I pezzi sono meravigliosi, e chiunque dovrebbe cantarli… Sarebbe stato da stupidi mancare questa occasione! Negli anni ’60 ho trascorso la mia infanzia ascoltando queste canzoni…erano questi i brani che avevano successo. C’erano i Beatles e i Rolling Stones, anche se gli Stones costruivano i loro pezzi sul rhythm and blues… E la cosa interessante della Motown era proprio l’alchimia tra il ritmo del rhythm and blues e la melodia. Infatti molto musicisti che hanno inciso questi brani erano musicisti jazz. Io all’epoca avevo 14 anni, suonavo la batteria ed ero affascinato dall’atmosfera che questi brani creavano. Anche per questo ho cercato di portare queste sonorità nei Genesis, a volte con successo e altre volte con meno fortuna.
L’approccio a questi brani è molto rispettoso della loro origine. Non ti è venuta la tentazione di reinterpretare le canzoni con il tuo stile?
Assolutamente no. La mia intenzione era quella di ricreare la magia e il suono degli anni ’60, quindi ho cercato di suonare la batteria non con lo stile di Phil Collins, ma con quello dei musicisti della Motown.
Ci sono due modi di affrontare un progetto come questo: quello di interpretare i brani dando il tuo contributo, guardandoli dal tuo punto di vista, oppure cercando di ricreare la stessa atmosfera, la stessa emozione di quando hai sentito per la prima volta una canzone come Uptight. Io ho fatto questa seconda scelta, e questo spiega perchè ho voluto che i Funk Brothers contribuissero al disco… Ho detto agli arrangiatori di prepararsi, perchè volevo ricreare quel suono, quella magia.
Com’è stato guardarsi indietro, confrontarsi con il passato?
Sono davvero orgoglioso di quello che ho fatto. Sono abituato a leggere le critiche e mi sono anche abituato a crederci, molto spesso… Per molti sono uno che ha sempre cercato di giocare sul sicuro, ma ripensando al passato penso di aver fatto molte cose che per l’epoca sono state un azzardo. Sono passato da John Cale, dai Genesis, da Eric Clapton, e poi ancora dalla mia esperienza di attore, di scrittore di musical per Broadway o per la Disney… Certo, non tutto mi è riuscito benissimo, molte cose forse ripensandoci sarebbe stato meglio non farle, compreso qualche brano in alcuni dischi che sarebbe stato meglio non includere, ma certo non si può dire che sia sempre andato sul sicuro, proprio non mi sembra.
Ma non ho assolutamente rimpianti, non c’è nulla che non rifarei.