Vince Neil è una delle figure più iconiche del rock anni ottanta e novanta. La sua storia e quella dei Mötley Crüe sono di certo tra le più rock n roll della storia, come testimoniato benissimo da un best seller come The Dirt. Non poteva esserci occasione migliore del ventesimo anniversario di Dr Feelgood per riuscire a scambiare due chiacchiere col biondo cantante, proprio pochi minuti prima dell’inizio della Crue Fest, giunta alla seconda edizione, ma non ancora passata dalle nostre parti. Penso che al mondo non esista un amante del rock ‘n roll che non abbia desiderato, almeno una volta nella sua vita, di essere invitato ad un festival organizzato dal gruppo losangelino…
Innanzitutto, come sta andando fino ad ora questa seconda edizione del Crue Fest?
La risposta del nostro pubblico è fantastica, davvero commovente. Dopo tanti anni non mi sono ancora abituato a salire sul palco e trovarmi di fronte tutta quella gente impazzita che sa ogni pezzo a memoria! E’ una delle sensazioni più belle che si possano provare in questo mestiere. La cosa stupenda è che l’età media dei nostri ascoltatori sta scendendo vertiginosamente, mentre il fatto che siamo qui a festeggiare “Dr Feelgood” dovrebbe farci capire che stiamo invecchiando (ride).
Visto che hai introdotto l’argomento, stasera per l’Italia sarà la “Dr Feelgood Night”. Quando avete deciso di suonare completamente l’album per questo anniversario?
L’idea ci è venuta qualche anno fa, quando ci siamo accorti che l’anniversario si stava avvicinando. So che non è una cosa innovativa, perché negli ultimi anni un po’ di band hanno riproposto per intero i loro capolavori. Penso ai Metallica con “Master of puppets” o ai Dream Theater di “Images and words”, ma d’altra parte ogni disco è nato in un momento differente! L’unica differenza è che loro hanno suonato i pezzi nell’esatto ordine in cui li trovi sull’album, mentre noi li faremo sparsi nello show. Pensiamo sia più funzionale allo spettacolo che proponiamo.
Oltre al vostro disco di maggior successo, questa è anche la prima occasione che abbiamo in Italia di sentire i pezzi della vostra ultima fatica…
E’ vero, non siamo riusciti a passare nel vostro paese prima di quest’anno, anche perché la prima edizione del festival ci ha impegnato davvero moltissimo dall’altra parte dell’oceano. Durante la parte europea del tour ho notato che i fan cantano “Saints of los angeles” come se fosse un nostro vecchio classico e in generale la risposta è sempre entusiasmante. Inoltre avevo programmato un concerto in Italia a dicembre dell’anno scorso, ma all’ultimo è saltato e sono davvero dispiaciuto di non aver potuto suonare per voi.
D’altra parte all’Italia devi molto, tua moglie è una nostra connazionale!
Esatto, Lia è italiana ed è il regalo più bello che la vostra nazione potesse farmi. Ora che ci penso anche il vostro vino è ottimo. Come saprai sono un grande estimatore del vino, io stesso ne produco personalmente negli Stati Uniti..
Torniamo alla musica. Uno dei lavori che apprezzo maggiormente della tua carriera è senza dubbio “Exposed”, il tuo disco solista uscito nel 1993. Ho sempre pensato fosse il degno successore di “Dr Feelgood”. Cosa ricordi di quell’esperienza?
Mi fa molto piacere che tu parli in questo modo di quell’album. Ci avevo messo davvero tutto me stesso, non fu un periodo particolarmente facile della mia vita, sia artistica che umana. Exposed arrivò davvero come una boccata d’aria fresca e credo suoni ancora molto attuale oggi. Ho solo ricordi positivi di quei mesi e mi aiutò a recuperare anche fiducia nei miei mezzi dopo l’uscita dai Crue.
Dalla reunion del 2005 in poi il gruppo sembra vivere davvero un periodo di grazia, senza alcun contrasto e con idee in continua evoluzione. Mi pare inoltre che ormai puntiate sempre meno sulle trovate sceniche e più sulla musica.
Sì, le mie potranno sembrarti le solite parole di circostanza, ma in effetti penso che non siamo mai stati così affiatati come ora. Tornare insieme è stata una scommessa vinta senza alcuna ombra di dubbio. Devi capire poi che i contrasti che potevi avere quando avevi 25 anni perdono completamente di valore dopo tutto questo tempo, tanto da non ricordarti nemmeno più da dove erano nati. Potrà sembrarti strano, ma anche noi siamo maturati. Be’, forse Tommy non del tutto…(ride). Per quanto riguarda le trovate sceniche, direi che hai ragione…in parte! Di sicuro non portiamo più in giro il circo di un tempo, ma devi sempre aspettarti qualcosa di spettacolare da un nostro show. Il fatto è che ad un certo punto tutti parlavano di noi per via delle ragazze sul palco, per le trovate di Tommy o per lo spettacolo di contorno, trascurando un po’ il fatto che avevo anche delle grandi canzoni.
Dove trovi l’ispirazione per la composizione dei tuoi pezzi? Hai qualche trucco dopo tanti anni?
Credo che le composizioni migliori vengano dalla vita di ogni giorno. Viviamo una vita talmente intensa che l’ispirazione è continua, anzi spesso devo tenerla a bada (ride). A parte gli scherzi, non esistono trucchi o situazioni che mi facilitano la scrittura. Credo poi che le cose migliori escano in modo spontaneo, quando ti sforzi di tirare fuori qualcosa a tutti i costi i risultati sono sempre scadenti. Nella band non ci sono ruoli indiscutibili o qualcuno che scrive i testi e altri che si occupano della musica. Spesso, come sai è Nikki a scrivere i pezzi, ma le idee partono sempre e sviluppano insieme. Abbiamo la fortuna di essere tutti in grado di scrivere buoni pezzi, quindi il lavoro in studio è più semplice che se fosse una sola la mente pensante.
Ci sono cose che, se potessi tornare indietro, non rifaresti più o persone che preferiresti non incontrare?
Le uniche cose che non rifarei più sono quelle che hanno causato problemi o dolori ad altre persone. Per quelle e poche altre tornerei davvero indietro se potessi. Tutto il resto, però, lo vorrei rivivere esattamente nello stesso ordine e con la stessa intensità. La stessa cosa vale per le persone. Ognuna di esse mi ha lasciato qualcosa, anche quelle che mi hanno fatto del male. Pensa a quanti magari non avrebbero mai voluto incontrato me…
Quindi puoi dire senza alcun dubbio di aver realizzato tutti i tuoi sogni e di non aver rimpianti?
Non posso che risponderti in modo affermativo. Credo sia giusto vivere al massimo ma, come ti ho già detto, rispettando sempre gli altri (cosa che io in alcuni frangenti non ho fatto). Di sogni ne ho realizzati davvero tanti, ma continuare a sognare è una di quelle cose che non voglio smettere di fare alla mia età.
Insomma, il buon Vince sembra davvero essere diventato un uomo equilibrato, che ha capito gli errori commessi nell’arco di una carriera turbolenta e che pare aver trovato quella pace interiore cercata a lungo. Tutto assolutamente sacrosanto e da sottoscrivere senza alcuna esitazione. Non nego però che, mentre lo guardavo saltare sul palco poco dopo l’intervista, il dubbio che mi avesse preso sonoramente in giro si sia insinuato nella mia testa per più di qualche secondo…